Mi ritrovo in questi giorni a ragionare su uno dei temi più importanti per gli esseri umani, che li fa sentire meno soli e meno esposti ai pericoli del mondo e che permette loro di continuare a sperare che il giorno dopo sarà migliore: l’amicizia. E dal momento che mi occupo di autismo, non posso che pensare al suo significato anche dal punto di vista autistico.

Le mie peregrinazioni di pensiero mi hanno portato a analizzare il concetto in modo molto profondo, e sono giunto alla conclusione di potere pensare di avere capito che l’amicizia, per le persone autistiche, assuma un significato profondamente realistico e concreto.

L’amicizia è quel “Reciproco affetto, costante e operoso, tra persona e persona, nato da una scelta che tiene conto della conformità dei voleri o dei caratteri e da una prolungata consuetudine” . Ed ancora, “l’amicizia è un rapporto fatto di fiducia, simpatia, affetto e reciproca scelta, che si riscontra in ogni tempo e in ogni luogo, ma che nessuna teoria può spiegare del tutto. L’amicizia prevede che esista un rapporto paritario, e questo la distingue dagli altri legami che coinvolgono gli affetti.” (Treccani).

Ebbene, le persone autistiche sono profondamente costanti, spesso allo stremo. Non cambiano posizione “con il vento”, non si lasciano facilmente trasportare dal momento, dalla moda, dal trend. Le persone autistiche sono profondamente, visceralmente aderenti alle proprie posizioni, e questo le pone in vantaggio, rispetto al concetto di amicizia: se si è amici, lo si è sempre, per le persone autistiche. Perlomeno finché non si decida il contrario.

Le persone autistiche, poi, considerano tutti allo stesso modo: siamo tutti esseri umani, per le persone autistiche. E questo è un altro vantaggio, riguardo il concetto di amicizia, perché, per definizione, essa si basa su un rapporto paritario. Non può esistere amicizia qualora uno dei due attori si consideri superiore all’altro. Per questo, anche in questo frangente, le persone autistiche si ritrovano in vantaggio.

L’amicizia, poi, si basa su una prolungata consuetudine. In pratica, l’amicizia si basa sul tempo: serve molto tempo, per fare amicizia. Ebbene, il tempo, come dimensione, è per le persone autistiche un poco particolare: assume significati unici, e il concetto di relatività raggiunge, con esse, le più alte vette (viva Einstein!).

Parlando con una amica, però, mi sono accorto che a volte ciò può apparire deficitario, nell’ “amicizia autistica”, è il concetto di operosità.

Le persone neurotipiche si aspettano continuamente che l’amicizia si concretizzi: sono piante che vanno innaffiate tutti i giorni, come mi disse un giorno una persona… Dal canto mio, essenzialmente penso siano molto insicure, e per questo chiedano continuamente che l’amicizia venga confermata. Oppure abbiano deficit di memoria a brevissimo termine. (propendo di più per la prima, ma lascio aperta ogni possibilità). E di fronte a questa necessità, il fatto che una persona autistica possa non sentirsi nella necessità di ribadire un concetto già chiaramente definito, genera in loro un senso di profonda irrequietezza.

Ora, da ricercatore, accademico e scienziato mi sento in dovere di rassicurare tutti: anche se una persona – autistica o meno – non ribadisce ogni minuto il fatto che si sia amici, ciò non pregiudica la condizione di amicizia, almeno fintanto che questo pregiudizio venga espressamente dichiarato.

Ma, anche in questo caso, anche le persone autistiche si allineano perfettamente alla definizione di amicizia, che prevede, come elemento principe, la fiducia.

Quando le persone autistiche dicono una cosa, quella è, finché non si dica il contrario, e questo vale anche per l’amicizia. E non è questa, forse, l’espressione più profonda di fiducia?

E’ evidente, quindi, come il concetto di amicizia, nel caso autistico, raggiunga un livello di coerenza altissimo. Ed è per questo che auguro a tutti voi la fortuna di avere, fra i propri amici, una persona autistica: non avrete mai da dubitare, sulla sua amicizia. Mai. Praticamente, un ansiolitico amicale. Ciao.