Io non sono sempre felice, e questa è la verità: sono un essere umano, e ogni giorno è irrimediabilmente diverso dall’altro.
Anche io ho aspettative, dalla vita, puntualmente disattese, puntualmente inesaudite. E so che, per essere felici, non se ne dovrebbero avere. D’altra parte, la mindfulness parla chiaro: vivi il momento, vivi qui ed ora (che tradotto in lingua umana significa: non aspettare il futuro, vivi il presente). Ma è così difficile non avere aspettative…
Ho calcolato che investiamo circa il 25% della nostra vita nel tentativo di costruire relazioni umane che soddisfino le nostre aspettative: è davvero un tempo considerevole, considerando il fatto che il 33% lo passiamo a dormire e il 40% a lavorare… Ma se il totale è 100%, quel 2% che manca, a cosa serve?
Ho pensato e ripensato a come occupare quel 2%, e sono giunto alla risposta secondo la quale, per essere felici, dobbiamo investire almeno una parte delle nostre energie per dare libero sfogo al coraggio.
Essere coraggiosi significa rischiare. Significa mettere in campo energie che non sai come andranno a concretizzarsi. Significa fare meno previsioni, e più azioni (e per una persona come me, questo potrebbe essere un bel problema…).
Ma se il possibile risultato è la felicità, quel 2% lo rischio volentieri.
Come spesso accade, ieri attorno alle 19 compravo qualche frutto e un pezzo di pane al supermercato. A quell’ora c’è meno gente, e le cassiere sono più bendisposte alla gentilezza di rimando alla gentilezza (suppongo, per la stanchezza del turno…). Mentre attendevo pazientemente il mio turno per pagare, osservavo una madre con il suo bambino. Una bella signora, giovane, dagli occhi buoni, con una distrofia muscolare che le impediva di compiere alcuni movimenti. MA sorrideva. Quella signora sorrideva. Aveva un sorriso bello, radioso. Ed il bambino rispondeva al sorriso, e la aiutava nella spesa. Fatto sta che, in fila alla cassa, il bambino si arrampica sul carrello per raggiungere l’orecchio della madre e le dice: mamma, ti amo tanto.
Una persona si è voltata e ha sorriso. Un’altra ha sferrato, spazientita, un’occhiata al bambino che, nell’arrampicarsi, si era appoggiato alle sue spalle (ma così è la vita…).
E niente, mi sono preso il mio 2%: è sparito il caos attorno, sono sparite le luci, i bip della cassa, e ho perso il posto nella fila, sorpassato da 2 persone che, evidentemente, avevano deciso di investire in modo differente quel 2%, ma mi sono fermato un attimo a pensare. Ho memorizzato quel momento, i gesti, i volti. Ho vissuto quell’attimo fino in fondo. Ho rischiato, ma sono stato felice.
Osservo il mondo in piccoli pezzi e cerco di metterli assieme senza fare troppi danni. Ma la felicità è un atto di coraggio. Serve coraggio, per essere felici. Ed io sono nato coraggioso.
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