Numerosissimi sono i contributi alla conoscenza riguardo la Sindrome di Asperger, una forma di autismo ad alto funzionamento le cui peculiari caratteristiche interessano sempre più la comunità scientifica, ma poche sono, paradossalmente, frutto di esperienze personali dirette.

Sono, pertanto, molto onorato di ospitare qui, sul mio sito, la presentazione del volume “Eccentrico”, dell’amico e collega musicista Fabrizio Acanfora, che ringrazio sentitamente per la sua disponibilità, e la sua gentilezza.

Allarghiamo le menti, guardiamo oltre, come Leopardi faceva sedendo e mirando da dietro la siepe: è nostro diritto, ma soprattutto nostro dovere.

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ECCENTRICO, di Fabrizio Acanfora

” Eccentrico è nato prima di tutto come un diario personale. Scrivere quello che ho dentro mi ha sempre aiutato a chiarirmi, così ho cominciato a farlo anche in un momento particolarmente difficile della mia vita, quando ho scoperto che quella collezione di comportamenti tanto peculiari e spesso estremamente problematici aveva un nome: autismo.

Più prendevo coscienza della mia condizione, soprattutto dopo la diagnosi, più mi rendevo conto di quanto difficile fosse riuscire a spiegarla agli altri. L’autismo è ancora ostaggio di stereotipi a volte grotteschi, e il fatto che oggi se ne parli molto di più rispetto a qualche anno fa non significa assolutamente che se ne parli in modo corretto. Quando ho spiegato di essere autistico alcune persone hanno capito, ma la maggior parte – e non gliene faccio una colpa – non aveva idea di cosa stessi dicendo. “Non è possibile, non si vede”, oppure “certo, adesso è una moda” sono state le risposte più frequenti dopo aver svelato la mia condizione.

Ho sempre avuto la tendenza a vedere e dire le cose in modo chiaro, a eliminare il superfluo dai ragionamenti, e questa caratteristica è stata spesso fonte di problemi, perché le persone hanno la tenenza a non dire sempre quello che pensano. Da un certo momento della mia in poi, vita riuscire a spiegare cosa sia in realtà l’autismo, liberarlo dagli stereotipi, spiegare che non si tratta di una malattia ma di una condizione di diversità come altre, è diventato per me prioritario. E lo è diventato non solo per me, ma anche per tutte le persone nello spettro autistico (soprattutto bambini e adolescenti) con cui lavoro all’Istituto Catalano di Musicoterapia, perché molti di loro non riescono a comunicare con facilità le proprie necessità e trovano spesso interlocutori che sanno ragionare esclusivamente seguendo il principio della “normalizzazione” a ogni costo.

Eccentrico è divenuto quindo un mezzo per poter spiegare l’autismo in modo semplice, senza snocciolare statistiche e articoli scientifici (che pure vengono citati, ma in modo discreto e senza interferire con la narrazione), raccontando una storia, la mia. Ho narrato il modo in cui questa condizione può rendere la vita di una persona estremamente difficile, a volte insopportabile, soprattutto quando non viene dato un nome alle cause di tante difficoltà. Allo stesso tempo ho cercato di spiegare che quelle stesse caratteristiche, a volte così dolorose, possono trasformarsi in lati unici del proprio essere e diventare dei punti di forza su cui far leva. La mia difficoltà di scendere a compromessi, ad esempio, il modo insistente di vedere le cose per ciò che sono, di smontare visivamente i problemi in tante parti minuscole e riuscire a risolverli in modo efficiente, mi ha permesso di diventare coordinatore di un master all’università. Eppure troppo spesso, in passato, sono stato accusato di essere inflessibile, di non capire che la realtà non è così schematica; questa caratteristica è stata dolorosa soprattutto nei rapporti con gli altri, perché le relazioni spesso si basano su regole soggette a interpretazioni soggettive e molto flessibili, ma una volta utilizzata in modo cosciente mi ha permesso di eccellere nel mio lavoro col minimo sforzo.

Il messaggio principale che vorrei trasmettere tanto attraverso il libro come negli articoli che scrivo sul mio blog, nei rari interventi sui forum e nelle lezioni che tengo all’università è sempre lo stesso, semplice e impossibile da fraintendere: in un mondo che tende a separare, a normalizzare, a voler “integrare”, bisogna invece diffondere un messaggio che spinga alla comprensione delle differenze e all’inclusione. Io, per motivi ovvi, parlo di autismo e comprensione della neurodiversità, ma il discorso va assolutamente riferito a qualsiasi condizione di diversità, a ogni minoranza.

Nel caso dell’autismo ad alto funzionamento, in particolare, abbiamo una minoranza spesso invisibile che per timore di essere ulteriormente emarginata si sforza di camuffarsi, cerca di indossare gli abiti di quella normalità imposta dalla massa, ma tutto questo stanca e non è necessario.

Non è stato facile mettere la mia storia personale a disposizione degli altri, l’ho fatto inizialmente con un certo timore, ma il desiderio di contribuire a spiegare parole come autismo, neurodiversità, Asperger, è stato più forte di qualsiasi dubbio o timore.

Credo che per troppo tempo abbiamo lasciato che di noi parlassero e scrivessero persone che della nostra condizione hanno una visione frutto dell’osservazione, una visione esterna. Anche la definizione clinica dell’autismo è il risultato dell’osservazione di alcuni comportamenti che continuano a rimanere agli occhi degli specialisti spesso incomprensibili. Tirano a indovinare, teorizzano e decidono quello che siamo. Forse è davvero il caso di cominciare a spiegare noi stessi come vediamo il mondo, senza timore di esporci.”

Thank you, Fabrizio! See you soon. Simone.